* LA MINIERA PERDUTA DEI PULPS ITALIANI *
di Giulio Andreotti

Alla riscoperta dei piccoli capolavori dimenticati nella mitica collana
KKK - I CLASSICI DELL'ORRORE

In seguito al successo dei film della Hammer, a fine anni '50 e inizio anni '60, uscirono nelle edicole italiane numerose collane horror, alcune di breve durata, altre, come I Racconti di Dracula o i KKK. I Classici dell'Orrore, continuarono per diversi anni, pubblicando una miriade di racconti, in gran parte di autori italiani sotto pseudonimo straniero.
Naturalmente si trattava di storie scritte in fretta, pubblicate su carta scadente e dirette ad un pubblico popolare, con copertine che rigurgitavano di vampiri, streghe, donnine seminude in balia di orripilanti mostri, sullo sfondo di castelli tenebrosi, brughiere nebbiose, scale lunghissime che si perdevano in misteriosi sotterranei.
Questo era il loro limite ma anche il loro fascino: si leggevano in treno e spesso anche a scuola, nascoste nel libro di matematica o di italiano, alternandoli con qualche Urania o Cosmo Ponzoni.
Si collezionavano, ce li scambiavamo fra amici con gli stessi gusti letterari e cinematografici, ricercando avidamente nei mercatini dell'usato i vecchi numeri ormai esauriti.
Poi gli anni passarono, anche nell'ambiente del fantastico e della fantascienza, e arrivarono i volumi rilegati (Libra, Nord, Fanucci, ecc.) e i vecchi libretti furono abbandonati, ma non fu dimenticato quel gusto del proibito, quel senso di trasgressione che facevano provare, a noi adolescenti di allora, quei tascabili che a casa dovevano essere letti di nascosto per evitare le ire dei genitori.
Eppure, riprendendoli in mano a distanza di anni, rileggendo qualche numero, ci si può accorgere che alcuni dl essi erano scritti bene, presentavano trame originali e ben impostate che, ampliate in un maggior numero di pagine, non avrebbero avuto niente da invidiare alle opere di molti autori famosi.

La prima serie dei KKK prese il via il 17 giugno 1959 con Il Vampiro di Clay O'Neil (magnifica copertina tutta nera, con titolo scolpito in caratteri rosso sangue) e terminò con il n.49, La strega bella di C. Pounds, il 30 aprile 1962.

Alcuni numeri contenevano storie tratte dai film horror di maggior successo dell'epoca, come La vendetta di Frankenstein, La stirpe dei vampiri, Il bacio dello spettro, Il sonno nero del dr. Satana, ecc.

Fra gli altri, alcuni furono autentiche sorprese, come i romanzi di Stephen Tourjanskl, autore di tre titoli: La forma eterna, Il grande incubo e La belva infernale.

Il primo (n.15 del 8/3/1960) riassumeva in centoventisette pagine tutti i luoghi comuni del cinema horror dell'epoca, da "La città dei mostri" a "Danza macabra", con atmosfere lovecraftiane che davano un sapore di originalità alla storia.
Due americani, marito e moglie, per riposarsi dalla vita stressante della metropoli, decidono di stabilirsi, come spesso avviene in questo tipo di film, in un tenebroso castello nei pressi di un villagio scozzese dove, come si legge nella presentazione del romanzo "il sole appare rare volte durante l'anno, ed il cielo, coperto di dense nubi temporalesche, inonda di piogge incessanti la campagna silenziosa, invernale, ed il paese, che sparge le sue case, basse e grigie, nella valle ai limiti del bosco...".
Il bello è che i due personaggi, che sembrano i protagonisti della storia, vengono invece eliminati alla prima notte di permanenza nel castello, dove erano stati accompagnati dal giovane figlio di Lord Duncan, il proprietario del maniero, che ha deciso di venderne una parte, mantenendo per sé un'ala dello stesso per condurvi misteriosi esperimenti di laboratorio. Già prima di entrare i due dovrebbero immaginare cosa li aspetta: dalle parole del giovane si apprende che una scultura in posta su un piedistallo all'ingresso del viale che conduce al castello, e che rappresenta un essere mostruoso con gli arti inferiori di un cane e il busto di un uomo, secondo la leggenda è stata scolpita "dai misteriosi esseri che popolavano la terra prima della nascita dell'uomo".
Nel momento che i due americani entrano nel castello le forze del male che vi dimorano si scatenano. La stessa notte i due vengono uccisi, e altri delitti seguiranno nel villaggio ad opera di morti viventi creati dai misteriosi esperimenti che Lord Duncan conduce nel sotterraneo del castello, così descritto dall'autore: "era un'enorme stanza affondata nelle radici del castello illuminata da quattro torce [...] in fondo alla sala, nella zona più oscura, c'era un'enorme buca che si perdeva nelle profondità della terra. Da quell'abisso profondo e tenebroso si udivano provenire suoni indistinti e fragori minacciosi come se i misteriosi esseri popolassero il centro della terra...".
Saranno il giovane, l'ispettore di polizia, e soprattutto il dottore del villaggio a vincere la battaglia contro il male. Anche la natura partecipa alla storia con le continue descrizioni di piogge temporalesche, tuoni e "lampi che rischiarano la campagna deserta...".
Sul numero precedente (il n.14) nella presentazione del romanzo successivo (appunto La forma eterna) si afferma che Stephen Tourjanski "laureato in filosofia è considerato uno del maggiori psicologi viventi e che nel suoi racconti travasa con calcolata sapienza gli ingredienti delle più recenti teorie metapsichiche e le concezioni avveniristiche della fantascienza. Ma, particolare di maggiore importanza, le sue storie hanno il potere di suggestionare le menti dei lettori e di condurli verso l'oscuro e misterioso mondo della pre-umanità".
Vale la pena di ricercare questo piccolo gioiello sulle bancarelle dell'usato o sottraendolo, con un esborso più oneroso, alle avide mani di qualche collezionista.
Ottimi anche gli altri due romanzi di questo autore: il n.11 del 22/1/1960, Il grande incubo, ambientato in uno sperduto villagio irlandese circondato da gigantesche montagne, dove "un essere mostruoso che affonda le sue radici nella notte dei tempi, appare dalla nebbia al suono di una vecchia melodia ed ogni sua apparizione coincide con la morte di un essere umano".
Il n.20 (i nn. 18/22 non riportavano la data di uscita), La belva infernale, parla di civiltà pre-umane. Anche in questo racconto coinvolgente ed angosciante, il protagonista lotta per salvare l'umanità dall'avvicinarsi di "un nuovo mondo popolato di mostri nel quale il male avrebbe sopraffatto il bene e orride divinità primitive sarebbero state adorate e supplicate...". Così inizia il romanzo: "Il dottor Robert Hingram si avvicinò alla finestra dello studio e guardò fuori nell'oscurità della notte, per qualche istante. Udì: soltanto il sibilo furioso del vento e il lontano lamento di un cane. Ogni forma vivente sembrava scomparsa, a causa di un misterioso cataclisma e la terra ripiombata nel caos primigenio...".

Un altro autore interessante è Samuel Friedman, il cui Suspicion (n.36 del 1/8/1961) è ambientato in un paese del Galles. Lo svolgersi della storia presenta una curiosa similitudine con La forma eterna anche qui ci sono due sfigati turisti americani, marito e moglie, che "in un torrido pomeriggio camminano lungo la piazza assolata di Brigton e da quel momento accade qualcosa di spaventoso come per una antichissima maledizione, le forze scatenate del male uccidono chiunque osi arrestarle e tramutano in mostri le loro vittime...".

Anche in questo romanzo abbiamo un castello infestato da misteriose creature, e uno dei protagonisti si sacrificherà affinché un'orrida razza di uomini serpente non distrugga il villaggio.

Tra gli altri titoli da segnalare:
- n.19, Mahoa: l'isola della paura, di Frank Boghart (vampirismo in un'isola tropicale);

- n.21, Morbo Azzurro di Mark Hawk (un morbo contagia le cellule del corpo degli abitanti di una cittadina, provocando orribili metamorfosi);

- n.22, La mente diabolica, di E. Lytton (l'unica antologia della collana, con altri due racconti di W. Collins: L'incubo e La notte dell'orrore);

- n.24 del 7/1/1961, L'ultimo superuomo, di W. Whilde (sullo sfondo di un deserto pietrificato, vicino a stabilimentl atomici, si compiono esperimenti per creare scientificamente il superuomo);

- n.31 del 8/5/1961, Il sepolcro delle anime perdute, di Maud Guy (forse lo pseudonimo di una scrittrice che si distingueva per i suoi romanzi macabri e fantastici, eccessivi nelle descrizioni, originali per gli spunti, che una volta iniziati non si potevano interrompere fino alla fine. Questo racconto, in modo particolare, non si può neppure riassumere: bisogna leggerlo).

- n.43 del 11/12/1961, Le pallide larve, di F. Boghart (una regione nell'ovest degli Stati Uniti viene invasa da orribili mostri);

- n.45 del 27/2/1962, L'inferno dei vivi, di Maud Guy.

Un gruppo di amici, quattro uomini e tre donne, in vacanza su di un panfilo, si trovano sbalzati attraverso un varco temporale in un'altra dimensione, una città terrificante i cui abitanti sono preda di orribili mutazioni. L'atmosfera è angosciante e paurosa, ecco di seguito un brano all'inizio del romanzo, narrato in prima persona: "...Mi trovavo In una zona della città che non riconoscevo, misere dimore cadenti ai lati di una strada che sembrava senza fine, illuminate da quelle luci d'incubo. Poi entrai in una grande piazza squallida dove si ergeva un edificio gigantesco, in marmo nero, dalle cui finestre traspariva un chiarore rossastro, oscillante. La porta di quel terrificante edificio era spalancata, un suono simile ad una litania giungeva fino a me. Una terribile cunosità, divorante, mi spingeva ad avvicinarmi a quel luogo misterioso, a gettare uno sguardo nel suo interno, a scoprire ciò che nascondeva la sua facciata...".

Racconti che ormai quasi nessuno conosce o ricorda, scrittori misteriosi dl cui non si è mai saputo niente.
Solo per questo vale la pena di ricercarli, per leggerli o anche solo per collezionarli, a testimonianza di un'epoca, fine anni '50 e inizio anni '60, in cui la narrativa di consumo (fantascienza, horror, gialli) ed il fumetto (nero, sexy horror, ecc.) erano strettamente legati al cinema di genere (pensiamo a quante volte, guardando un film, ci è sembrato di averne già letta la trama in un romanzo, o viceversa) creando un felice connubio che, purtroppo, non si sarebbe più ripetuto.

Articolo apparso per la prima volta (senza immagini) nella fanzine "La Soglia n.1" 2002
Pubblichiamo per gentile concessione dell'autore.