* MICHELANGELO MERISI DETTO CARAVAGGIO *
GENIO E ASSASSINO

Roma, 28 maggio 1606. È domenica. È anche il primo anniversario dell'incoronazione di papa Paolo V e la città è in festa. La gente riempie le vie e le piazze. Beve, canta, si diverte. A Campo Marzio alcuni uomini discutono. Poi, alla luce incerta del crepuscolo, si sfidano al gioco della pallacorda. Ma, quasi subito, emergono vecchi rancori e il gioco si trasforma in rissa. Dapprima volano insulti e spinte, poi pugni e calci. All'improvviso, uno di loro brandisce una lunga lama e la conficca con forza nella schiena di Ranuccio Tomassoni, il fratello del capo rione. L'uomo emette un gemito, rotola a terra e muore. L'omicida scappa. Va a cercare un rifugio, ma nascondersi per lui non è facile. Lo conoscono in troppi. La sua fama ormai ha travalicato anche i confini della città. Il suo nome è Michelangelo Merisi, ma tutti lo chiamano Caravaggio perché il padre proviene dalla piccola città lombarda. Di mestiere fa il pittore ed è bravo. È considerato da molti un capo scuola, un innovatore, praticamente un genio. Ma ha un pessimo carattere. È un ribelle, un violento, ed ora anche un assassino.


Ritratto di Caravaggio di Ottavio Leoni, 1621 ca.
Carboncino nero e pastelli su carta blu, 23,4 × 16,3 cm
Firenze, Biblioteca Marucelliana

Caravaggio nasce a Milano nel 1571. Ancora adolescente partecipa a una rissa in cui viene ucciso uno sgherro e ferita una prostituta. Per la prima volta finisce in galera e ci rimane per più di un anno. Quando torna libero, parte per Roma. Nella Capitale fa amicizia con alcuni giovani di buona famiglia, ma sbandati, dediti all'alcol, al gioco d'azzardo, alle donne. Con uno di questi, un certo Onorio Longhi, diventa amico inseparabile e i due iniziano a condividere bravate e malefatte. Obnubilati dai fumi dell'alcol, una sera si ritrovano a gridare e a cantare canzonette oscene sotto le finestre di una donna sposata. Cercano anche di forzare la serratura dell'abitazione. La donna li denuncia. I capi di imputazione sono: molestie gravi, tentato scasso e atti vandalici. Il nome di Michelangelo Merisi, così, finisce di nuovo in un fascicolo giudiziario. Ma questo non impedisce al giovane di continuare a condurre una vita strampalata. E mentre è ospite del pittore Bernardino Cesari, un barbiere lo trasporta in ospedale. Ha una gamba tumefatta e gravemente lesionata. Caravaggio dichiara di avere ricevuto un calcio da un cavallo, ma tutti sanno che non è così. E come siano andate veramente le cose rimane un mistero. Dimesso dall'ospedale, il Cesari, per non avere altre grane, si rifiuta di ospitarlo ancora. Il pittore è costretto, allora, ad alloggiare all'Ospizio dei Poveri. E lì, fra mendicanti, prostitute e miserabili, conosce i personaggi che, in seguito, rappresenterà nei suoi quadri. A posare per "La Maddalena penitente" non sarà infatti una religiosa o una nobildonna, ma Annuccia Bianchini, una sua amica prostituta. A fare da modelli per Caravaggio, infatti, non saranno mai principi e cortigiane, ma gente di strada, reietti della società. E anche il suo comportamento continuerà ad essere quello di un uomo della strada.


Maddalena Penitente 1594-1595
Olio su tela 122,5 × 98,5 cm
Roma, Galleria Doria Pamphilj

Nel 1598 Michelangelo Merisi viene nuovamente arrestato per porto d'armi abusivo. Avendo, però, nel frattempo trovato la protezione del cardinale Del Monte, uomo rispettato e potente, viene rilasciato quasi subito. Nel luglio del 1600 ferisce a una mano Flavio Canonico, sergente delle guardie di Castel Sant'Angelo, ma l'amico Onorio Longhi lo salva addossandosi ogni colpa e il fatto, per lui, non comporta conseguenze. Cade nel vuoto anche la denuncia di un suo allievo, Girolamo Stampa, che, qualche mese dopo, dichiara a gran voce di essere stato aggredito e bastonato dal maestro. Nell'ottobre del 1601, poi, con un colpo di spada, il pittore ferisce gravemente il collega Tommaso Salini, trapassandogli un braccio. Ma la protezione del cardinale Del Monte lo salva ancora. Due anni dopo, invece, Caravaggio torna in carcere per aver calunniato il pittore Giovanni Baglioni. La protezione questa volta non funziona, poiché i rapporti col cardinale da qualche tempo si sono incrinati. Il carattere del pittore, tuttavia, non cambia. Appena uscito di galera, infatti, mentre sta pranzando all'osteria del Moro, lancia un piatto in faccia a un cameriere ferendolo e facendolo sanguinare. Fortunatamente, però, l'uomo non sporge denuncia e tutto finisce senza conseguenze giudiziarie. Ma poco dopo Caravaggio si ritrova di nuovo in cella per porto d'armi abusivo. E appena esce, aggredisce con un'accetta il notaio Mariano Pasqualoni e lo ferisce gravemente alla testa. Pare che qualche giorno prima il notaio gli avesse notificato il divieto di incontrarsi con Maddalena Antognetti, detta Lena, promessa sposa a Gaspare Albertini, ma in quel momento sua modella e, probabilmente, anche sua amante. Privo di protezioni e braccato dagli sbirri, il pittore a questo punto è, costretto a lasciare Roma. Vi ritorna in autunno, quando le acque ormai si sono calmate. E qualche giorno dopo il suo rientro viene trovato moribondo nel letto della sua camera. Ha una ferita alla gola e un orecchio a brandelli. Interrogato, si ostina a ripetere che è scivolato sulla sua spada e che si tratta di un incidente banale. Ma la sua versione dei fatti non convince e il Tribunale lo condanna agli arresti domiciliari per reticenza. Quando, poi, Caravaggio torna un uomo libero, diventa ancora più spregiudicato. E il 28 maggio 1606, con un colpo di spada inferto da dietro, uccide Ranuccio Tomassoni, personaggio protetto dai Farnese. Con questo gesto, sconsiderato e folle, il pittore sarà costretto a vivere il resto dei suoi giorni da uomo braccato e da assassino. Caravaggio si rifugia prima a Napoli e poi a Malta. Qui fa un ritratto al gran Maestro che, come ricompensa, lo nomina Cavaliere dell'Ordine. Ma la pace dura poco. Per una lite con un altro cavaliere, viene arrestato. Si ritrova così a guardare di nuovo il mondo da dietro le sbarre, ma riesce quasi subito a evadere. Lascia l'isola e continua a fuggire. Prima si nasconde in Sicilia, poi torna a Napoli. Qui degli sconosciuti lo pestano a sangue e lo lasciano moribondo a terra. Si dice che siano stati i Cavalieri di Malta, che lo hanno seguito e si sono vendicati. Ma questa è solo una supposizione. In ogni caso, rimane a lungo fra la vita e la morte, poi, però, si riprende. E nel luglio del 1610, stanco di vivere costantemente in fuga, decide di tornare a Roma e di chiedere la grazia al Pontefice. Lascia, così, Napoli e si imbarca su una piccola nave. Porta con se il "San Giovanni Battista", un dipinto di grandi dimensioni che intende regalare a Scipione Borghese, nipote del papa, con la speranza di avere da questo un aiuto a riconquistare la libertà.


San Giovanni Battista 1610
Olio su tela 159 × 124 cm
Roma, Galleria Borghese

Ma appena sbarca a Palo, viene riconosciuto e nuovamente arrestato. Dietro il pagamento di una consistente somma di denaro, viene rilasciato quasi subito, ma la navicella nel frattempo è ripartita, portando con sé il dipinto. Lui tenta disperatamente di recuperare la tela. Ma inutilmente. Una febbre altissima, dovuta forse a malaria, lo abbatte sulla spiaggia. Soccorso inutilmente dalla confraternita di Santa Croce, muore poco dopo. È il 18 luglio 1616. Ha solo quarantacinque anni, non ancora compiuti.
È una vita breve e tormentata, quella di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, una vita consumata nei postriboli e nelle osterie, ma anche in lussuosi palazzi nobiliari e alla corte di uomini potenti. È la vita di un violento, di un assassino, ma anche quella di un genio, una vita crivellata da luci e ombre, quelle luci e quelle ombre che il pittore fissa in modo ossessivo sulle sue tele, rendendole uniche e, sicuramente, immortali.

Lino Bologna
10 agosto 2021