* CIABATTINI E IL GIALLO ITALIANO ANNI '50 *

"Di’ un po’, Tre Soldi: te magari non ci crederai, ma io vorrei campare tanto da vedere come faranno a far camminare i tranvai sotto terra."
[...] "A stare a quello che dicono sui giornali, non dovrebbe passare tanto tempo."
"Te dài sempre retta ai giornali! [...] Te ci credi?"
"E perché non ci devo credere? [...] Devi sapere che il sindaco ha chiamato della gente che se ne intende."
"E chi sono, questa gente?"
"Ma... gente pratica C’è perfino un avvocato."
[...] "Ma io dico questo [...]: se i tranvai devono camminare sotto terra, ci dovranno fare dei buchi..."
"Ci faranno delle gallerie." [...]
"Chiamali come ti pare. [...] E le case che ci sono sopra?"
[...] "Be’, per le case.... Vuol dire che le gallerie le faranno sotto alle strade, dove case non ce n’è."
"E se [...] per la strada ci passa, mettiamo il caso, un camion carico di mattoni? Se sotto c’è un buco vuoto, quello sfonda tutto [...]! E poi credi che la gente ci vorrà andare, a camminare sotto terra al buio?"
"Ci metteranno dei lumi, no?"


Il dialogo che avete appena letto si svolge fra due "barboni", come si dice a Milano, due senzatetto che si procurano da vivere raccogliendo stracci e carta da macero. Si chiamano Tre Soldi e Boero... o meglio noi non sappiamo come si chiamino veramente, i loro soprannomi sono Tre Soldi e Boero. E sono i protagonisti dei romanzi polizieschi di Giuseppe Ciabattini Tre Soldi e "La Donna di Classe" e Tre Soldi e il duca, usciti nella collana "I Libri Gialli" di Mondadori nel 1956.



I due amici stanno commentando la notizia che anche nella loro città, che è Milano, costruiranno la metropolitana, come nelle grandi metropoli del mondo, e questo non manca di suscitare qualche apprensione nelle fantasie di Boero, il più ingenuo della coppia. L’altro, invece, Tre Soldi, è più accorto e provveduto, tant’è vero che diventerà l’eroe di questi gialli, ossia il detective.

La Milano descritta da Ciabattini è una Milano senza, ancora, metropolitana, una Milano che non esiste più, ma attuale al tempo in cui furono pubblicati i romanzi, quando la metropolitana costituiva senza dubbio un argomento di attualità.
E Alberto Tedeschi, direttore dei "Libri Gialli" di Mondadori, una volta mi disse che se gli autori italiani avessero incontrato maggiore fortuna, ci sarebbe stato anche un terzo romanzo di Ciabattini intitolato Tre Soldi e la 600 blu.
Al pari della metropolitana, anche la fortunata utilitaria della Fiat era, in quegli anni, di grande attualità: arrivata sulle nostre strade nel 1955, stava già modificando le abitudini di vita degli italiani nell’organizzazione del lavoro e del tempo libero.

Del resto anche i romanzi polizieschi degli altri due giallisti italiani, Franco Enna e Sergio Donati, che si pubblicavano conteporaneamente a quelli di Ciabattini, nella medesima collana, ci riportano all’Italia di allora: le tracce lasciate dalla guerra non del tutto cancellate, le avvisaglie del miracolo economico ormai imminente, il diffondersi di nuovi comportamenti di costume e malcostume, per esempio le cosiddette "ragazze squillo" (chi usa più questa espressione? Probabilmente solo chi abbia la mia età può ricordarsene).



Ad ogni modo, i lettori italiani degli anni Cinquanta sembrava avessero scarso interesse per queste connotazioni di vita reale. Nella letteratura poliziesca cercavano l’evasione, in fondo era un loro diritto, e preferivano le avventure, per quanto inverosimili, dei poliziotti americani. Era il momento in cui Spillane, pubblicato in Italia dall’editore Garzanti nei "gialli delle scimmiette", stava riscuotendo un enorme successo (di pubblico, se non di critica).

E fu così che i gialli italiani non ressero la concorrenza della produzione straniera, anche se conobbero persino i loro cinque minuti di notorietà all’estero, perché una casa editrice francese, di Lione, ne pubblicò alcuni in una collana intitolata "Serie Jaune", Serie Gialla (1959-1960). Le copertine erano di Carlo Jacono l’illustratore per eccellenza dei "Gialli" Mondadori.

Ma nella collana francese Ciabattini non c’è. L’unica proposta di Ciabattini, che io conosca, al di fuori dei confini nazionali, riguarda la pubblicazione a puntate del romanzo Tre Soldi e il duca, nel 1961, sul quotidiano newyorkese "Progresso Italo-Americano", destinato agli italiani d’America.

Prima ho ricordato Tre Soldi e la 600 blu. Il romanzo non è stato, almeno finora, ritrovato. Magari lo si ritrovasse!... Ma può anche darsi che non esista, che non sia mai stato scritto.
Potrebbe essere successo come a Donati, che aveva previsto un seguito a Mr Sharkey torna a casa. Un seguito dal titolo Mr Sharkey lascia o raddoppia? (proprio come il film Totò lascia o raddoppia?, che è del 1956). E chissà che cosa avrebbe combinato il gangster italo-americano, registrato all’anagrafe del suo paese d’origine come Salvatore Bonanome, alle prese con la nota trasmissione televisiva condotta da Mike Bongiorno! Fatto sta che Mr Sharkey lascia o raddoppia? non fu mai scritto, rimase allo stadio di progetto.

Insomma il giallo italiano degli anni Cinquanta non riuscì a decollare. Secondo Ida Omboni, esperta di letteratura poliziesca, collaboratrice della "Rivista di Ellery Queen" nell’edizione mondadoriana, traduttrice e curatrice di collane specializzate, sarebbe stata soltanto questione di tempo. Nel 1961, infatti, scriveva:

"Naturalmente, il giallo italiano ci interessa moltissimo. Ci interessa cioè per quello che per ora è soltanto un problema: è possibile scrivere (e vendere con successo) un giallo italiano? È possibile che autori italiani scrivano in Italia (e vendano con successo) romanzi gialli di ambiente italiano, con polizia e carabinieri italiani, investigatori italiani, e tutto quel che segue e ne consegue?
Ecco un problema che interessa critici, editori e, in particolar modo, gli scrittori italiani. Esso comporta domande e risposte interessanti. Per quanto ci riguarda, noi riteniamo il giallo italiano possibile [...], sentiamo che la nascita del giallo italiano è nell’ordine delle cose.»

(In appendice a Ben Benson, Tre minuti per l’ispettore, Editoriale Aurora, Milano 1961, "I gialli classici", 2)

È stato Scerbanenco, cinque anni dopo, nel 1966, a confermare le previsioni di Ida Omboni, con Venere privata, che ha segnato una svolta nella storia del giallo italiano e ha inaugurato una stagione che, sotto certi aspetti, dura tuttora.

Eppure Scerbanenco non si può forse capire a fondo senza tenere conto anche di Enna, Donati e Ciabattini che lo hanno preceduto... ma su questo punto il discorso si farebbe troppo lungo e conviene rimandarlo ad altra occasione.

Loris Rambelli
21 novembre 2021