* FERRUCCIO RIZZATTI. "IL MISTERO" DI JACK THE RIPPER *
(Testo di Lorenzo Granchelli)

LA VITA E LE OPERE
È sconosciuto ai più ma deve essere stato un uomo interessante. Sicuramente era pieno di passioni, di scienza e conoscenza. Parliamo di Ferruccio Rizzatti, nato a Carpi (Mo) nel 1862 e morto a Torino nel 1935, un personaggio poliedrico, insegnante e funzionario per necessità ma narratore e divulgatore nell’animo.
Laureato in Scienze Naturali, Il "Dizionario degli Italiani d’oggi" del 1928 lo definisce un "volgarizzatore di scienza con libri, articoli e conferenze".
Senza dubbio fu un esperto di divulgazione scientifica per ragazzi cui dedicò varie opere di zoologia, botanica, mineralogia, chimica e geografia.
È stato per qualche tempo nel giornalismo e fu, inoltre, insegnante di liceo, Provveditore agli studi e finanche "compilatore di cataloghi" della Regia Biblioteca di Torino. Quest’ultimo incarico sollevò anche un caso parlamentare poiché il professore, già comandato alla Biblioteca di Napoli, venne d’ufficio richiamato a Torino. Addirittura, in una seduta della Camera dei Deputati del 11 maggio del 1904, le vicende legate al Professor Rizzatti furono oggetto di una interrogazione parlamentare (il resoconto fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, numero 113, di venerdì 13 maggio 1904):
"PlNCHIA, sottosegretario di Stato per l'istruzione pubblica, risponde all'onorevole Rampoldi che lo interroga per sapere quanto vi sia di vero nella voce corsa, che egli abbia comandato il professore Rizzatti Ferruccio alla biblioteca di Torino. Con decreto del 10 ottobre 1903 il Rizzatti fu comandato alla biblioteca di Napoli, ma dopo il disastro della biblioteca di Torino, fu richiamato dal direttore di quella biblioteca per la compilazione dei cataloghi, nella quale avea dato prova di non poca abilità. E la richiesta del direttore della biblioteca di Torino fu soddisfatta.
RAMPOLDI domanda all'onorevole sottosegretario di Stato se dal punto di vista morale il decreto che comandava il Rizzatti alla biblioteca di Napoli sia conforme alla giustizia e alla onesta amministrativa.
Confida che il ministro vorrà esaminare i precedenti o togliere l'abuso deplorevole dei comandi.
PINCHIA, sottosegretario di Stato per l'istruzione pubblica, nota che sull'operato del professore Rizzatti fu fatta una inchiesta e ne seguì anche un'ordinanza giudiziaria, l'una e l'altra evidentemente favorevoli poichè fu emanato il decreto di comando.


Sul finire dell’800, la rivista mensile Natura ed Arte, Rassegna Quindicinale Illustrata Italiana e straniera di Scienze, Lettere ed Arti (Casa Editrice Dottor Francesco Vallardi, Roma-Milano), pubblica "Ricordi Londinesi". un articolo in cui Rizzatti, in un breve passo, descrive uno spaccato della vita popolare sulle sponde del Tamigi, le anguste e affollate strade, nelle quali la miseria, il sudiciume e il malaffare appestano l’aria: "Ricordo le vie... le strette vie, soprattutto nei quartieri poveri, vicini al Tamigi: le vie dove sono più frequenti i "lodging houses”, i pubblici dormitori, ove non si incontrano che i miserabili e i tristi: dai mendicanti cenciosi ai "pick-pockets", terribili, i tagliaborse audaci, ai "rushers", i ladri che s’introducono nelle case dalle finestre, ai mercanti di stracci che vanno attorno mandando il monotono grido: "Rays ans bons!" ai "mudlaskes" che frugano nella melma a marea bassa per toglierne il legname, il carbone, il ferraccio arrugginito, ai ragazzetti ignudi, brulicanti infermicci nei rigagnoli, alle precoci fanciulle dal pallido viso, dal volto cereo, dai capelli scoloriti, cui la troppo corta veste in brandelli scopre la povera nudità: tutto l’esercito immensurabile della miseria e del delitto. Ricordo anche le viuzze sudice di Soko-square... e l’altre attorno al Covent-Garden... I venditori di carne, di pollame, di ova, di pesce, di legumi, escono dalle loro bottegucce, invadono con le loro mostre, il marciapiede, la via melmosa. Le triglie e le sogliole fanno l’occhiolino dai banchi di marmo brutti di sangue alle comari; la carne di bue, nereggiante, appesta l’aria; i barili di patate si sfasciano o vomitano la loro mitraglia tra le gambe di chi passa; le testine di vitello lessate, livide, fetenti, orribili, s’ammonticchiano in colossali piramidi..."

IL MISTERO
L’esperienza londinese, vissuta sul tramontare del penultimo decennio ottocentesco, rimase evidentemente così impressa nella memoria dell’autore che gli diede lo spunto per un racconto onirico, surreale, tanto irrazionale da inserirlo in una raccolta di novelle in cui ricordi veri e fantasia si mescolano tra loro senza distinzione. Non poteva avere altro nome se non "Racconti Incredibili" questa collezione, pubblicata dalla Società Editrice Nazionale di Roma nel 1901.


Copertina della prima edizione (1901)

Vi è un racconto, in particolare, che cattura l’attenzione dell’appassionato di enigmi. Rizzatti lo intitola, "Il Mistero". E di fitto mistero, in effetti, si tratta. Uno dei più intricati che sconvolsero l’Inghilterra di fine '800 e che ancora oggi non ha trovato spiegazione alcuna. Quello di "Jack the Ripper", ovvero il tristemente noto "Squartatore".
Ma l’autore, nella novella, ci propone una possibile soluzione, fors'anche una testimonianza di prima mano. Forse lui ha conosciuto il mostro assassino, un uomo che ha perfino frequentato. Può dunque essere quell’individuo, Jack, "il misterioso assassino notomizzatore delle vecchie donnacce dei quartieri infami di Londra"?
Il racconto trae origine da una notizia riportata da Il Secolo di Milano. A Bruxelles, un medico di nome De Yong viene accusato di avere assassinato la terza moglie, dopo aver ucciso orrendamente anche le due precedenti.
Nelle ricerche della polizia inglese, si era intanto scoperto che gli efferati assassini di "donne di malaffare" erano cessati proprio dopo la partenza del medico da Londra. Tanti, inoltre, erano i sospetti che il mostro potesse essere un dottore, "ciò che si arguiva dai tagli speciali che praticava sulle vittime" e, per giunta, straniero. La notizia riporta rapida alla mente dello scrittore un raccapricciante e ricorrente sogno di qualche anno prima. Una macabra danza di donne atrocemente mutilate. Carni che cadevano sotto gli sferzanti colpi, ossa che si urtavano, scheletri che si sfasciavano. E in mezzo a quella carneficina, un uomo appariva armato di coltello. Ed era lui... Jack! "Si; ti ho evocato, e ti ho riconosciuto. Sei proprio tu che m’apparivi nel sogno.... Tu cui conobbi dodici anni or sono a Londra".
Rizzatti ricrea nel racconto lo squallore nauseabondo della Londra dei miserabili, appronta la scena del mistero tenebroso e descrive la prima volta in cui si imbatte nel presunto Jack a White-Chapel, in una lugubre public-house che definisce "un antro spaventoso: uno scannatoio addirittura", pieno di fumo "turchiniccio".
In uno stanzino, sul retro del locale, l’incontro. Beveva "Old Brandy". Gli occhi di chi racconta si posano su quella figura di età indefinita: "Poteva contar trent’anni, come poteva averne sessanta".
Un viso che turbava e gli occhi neri: "due occhi strani che non fissavano mai lo sguardo su cosa che fosse e nei quali passavano a momenti come delle fiamme turchine, dei luccichii di acciaio brunito!". E poi quell’anello, portato al dito mignolo, che cattura l’attenzione del narratore. "Osservate il mio occhio? – domandò lo sconosciuto". Il narratore confessa all’interlocutore misterioso la propria curiosità per la gemma incastonata su quel piccolo cerchietto d’oro. Ma quando il tenebroso individuo gli avvicina il gioiello, lo scrittore rabbrividisce perché l’occhio lo guarda: "Mi si gelò il sangue nelle vene; mi si rizzarono i capelli pel terrore ...".
Cercando di vincere la "commozione e il terrore" il narratore inizia a conversare con il proprietario dell’anello. Gli rivela l’origine italiana di cui l’altro si compiace – "Ah! Connazionale del Gorini... Un grand’uomo”"(1). Lo sconosciuto a sua volta racconta di sé invitandolo a fargli visita. Consegna il suo biglietto da visita... si tratta di un medico... Dottor John De...

Si lasciano, ma a quel primo incontro presto ne seguiranno altri. Lo scrittore mantiene la promessa di far visita al nuovo conoscente e nella casa di questi scopre l’atroce attività del suo ospite.
Il lettore rimane colpito dalla nitidezza della descrizione di quanto scopre nella casa, "inorridivo.... E non potevo allontanare gli occhi da quell’opera nefanda e sublime". Quello che vede lo terrorizza e l’affascina al tempo stesso. Si chiede anche se quel misterioso dottore non possa essere pazzo o ubriaco.
Il racconto, tuttavia, è breve e volge rapidamente all’epilogo. Una fine naturalmente misteriosa, come il personaggio su cui lo scritto è incentrato. Un avvenimento peraltro impensato lo inquieta mettendo a rischio il suo folle e macabro progetto. In poche ma efficaci righe lo scrittore racconta il turbamento del personaggio, fino a descriverne l’inaspettata scomparsa.
Il narratore non vedrà più quello strano uomo preda di una follia lucida ancorchè distruttiva. Non ne avrà neppure più notizie fino a quell’articolo pubblicato su "Il Secolo". E la lettura gli riporta alla mente quel tremendo dubbio. Se fosse lui, il medico scomparso, "Jack the Ripper"? E se, tra le tante teorie che sono state fatte sull’identità del mostro assassino, questa fosse la più realistica?
Rimane impressa nella mente la greve inquietudine evocata dalle ultime battute: "Io veggo con terrore il sole calare sull’orizzonte, avvicinarsi la sera, la notte.... Lo sento. Io lo vedrò stanotte, in sogno, visione orrenda, nella oscena ridda delle sue vittime...".
Al lettore non resta che immergersi nel racconto per scoprire quei particolari che potrebbero fornire alla novella la chiave giusta per trasferirsi dal reame del fantastico alla realtà.


Illustrazione di Abbo Della Pina per il racconto "Il Mistero"


(1) Paolo Gorini (Pavia, 28 gennaio 1813 – Lodi, 2 febbraio 1881) è stato un matematico e scienziato italiano, noto soprattutto come preparatore di cadaveri e parti anatomiche secondo un procedimento segreto da lui stesso inventato e sperimentato.

12 Ottobre 2021