* JACK THE RIPPER *
Il Mostro di Whitechapel e i suoi tanti volti

(Testo di Lino Bologna)

Londra, 31 agosto 1888.
L'orologio della Chiesa del Cristo a Whitechapel, nell'East End, scandisce un paio di rintocchi: sono le due di notte. Piove a dirotto e il bagliore sinistro dei lampi squarcia, a tratti, il cielo. Solo rare figure bieche arrancano lungo i vicoli stretti e maleodoranti che si diramano fra le misere case di mattoni rossi. Sono prostitute, ladri, marinai ubriachi.
Anche Mary Ann Nichols, 45 anni, detta "Polly", trascina il suo corpo macilento e odoroso di alcol sotto la pioggia. Ha bisogno di denaro ed è in cerca di clienti. Troverà invece il suo carnefice in Buck's Row. Un poliziotto di ronda, infatti, poco più tardi con la torcia illumina il suo corpo disteso sul lastricato, sotto la pioggia battente. Polly ha la gola tagliata da un orecchio all'altro e l'addome devastato da ferite profonde. Inizia così la storia di Jack the Ripper, il mostro di Whitechapel. Una tragica storia di sangue e di mistero.
Il brutale omicidio viene subito assimilato a quello di altre due donne, Marta Tabram, assassinata il sette agosto ed Emma Smith, uccisa in aprile. Molti elementi collimano. L'ispettore Abberline concentra subito la sua attenzione su un certo John Pizer, detto "Grembiule di Cuoio", un individuo violento che ha già aggredito altre prostitute. Egli, però, ha un alibi di ferro e presto viene scagionato. Nel frattempo, l'assassino sadico e sanguinario torna a colpire.
È il 7 settembre. Annie Chapman 47 anni, soprannominata "Annie la Bruna" viene cacciata dal dormitorio dove passa di solito la notte. Non ha denaro a sufficienza per pagarsi la branda. È ubriaca e molto malata. Si regge in piedi a fatica, ma deve uscire lo stesso. Spera di trovare qualche cliente disposto a spendere qualche spicciolo per le sue prestazioni.
Un testimone la vede arrancare barcollando, lungo Paternoster Row. È l'una e trenta circa. Il mattino dopo, poco prima delle sei, un trasportatore che si sta recando ai mercati generali, la trova cadavere vicino al numero 29 di Hanbury Street, a un centinaio di metri dal luogo in cui una settimana prima era stato rinvenuto il corpo di Polly. E come Polly ha la gola tagliata e uno squarcio sull'addome. A lei, inoltre, è stato asportato l'utero. E per la precisione chirurgica con cui è stata effettuata l'operazione, gli investigatori pensano che il crudele assassino abbia dimestichezza con l'anatomia, e che, di conseguenza, possa essere un un medico.
La notizia degli efferati omicidi perpetrati nell'East End di Londra dilaga in fretta. Attraversa anche l'oceano e il New York Times scrive che un pluriomicida si sta prendendo gioco della polizia londinese. E forse è proprio così. Venti giorni più tardi, infatti, l'agenzia di stampa Central News riceve una lettera. Chi scrive dichiara in modo esplicito e scanzonato di essere l'autore dei delitti. Si firma "Jack the Ripper", cioè Jack lo Squartatore. E la tragica storia continua.
È il 29 settembre e sono le sette di sera. È sabato ed Elizabeth Stride, 45 anni, detta "Long Liz", una prostituta di origine svedese, si prepara a uscire. È di buon umore e, mentre spazzola i vestiti e si pettina, canticchia un motivetto allegro. Verso mezzanotte viene vista in Berners Street in compagnia di un uomo vestito di scuro. Un'ora dopo il suo corpo viene trovato senza vita sul retro di un Club per Lavoratori Internazionali. Anche Long Liz è stata sgozzata, come Polly e Annie la Bruna. Tuttavia, il suo corpo non presenta mutilazioni. Qualche imprevisto, forse, ha interrotto l'opera del maniaco. Ma la notte continua. E poco più tardi, un agente, durante il suo giro di ronda in Mitre Square, inciampa nel cadavere di Catherine Eddowes, un'altra prostituta. Pure lei ha la gola squarciata e l'addome aperto. Tutto l'intestino è stato asportato e depositato accanto alla sua spalla destra. L'utero e un rene sono scomparsi. Alla notizia di questo ennesimo spietato delitto tutta Londra inorridisce.
Il 16 ottobre un'altra lettera, scritta verosimilmente da "Jack lo Squartatore", viene recapitata a George Lusk, direttore del Comitato di Vigilanza di Whitechapel. Il luogo di spedizione, secondo il mittente, è l'Inferno. La lettera accompagna una scatoletta che contiene un frammento di rene umano. E mentre accade tutto questo, la gente è annichilita. La polizia è in fermento, ma brancola ancora nel buio.
È la sera dell'otto novembre. Mary Jane Kelly, un'attraente prostituta di 25 anni, esce di casa, si infila in un pub e si ubriaca. Poco prima di mezzanotte rientra con un uomo. È allegra e canta. Due ore più tardi esce di nuovo, in cerca di un altro cliente. Lo trova quasi subito: è un signore con occhi scuri e baffi. E insieme a lui torna nella sua abitazione di Miller's Court. A questo punto, però, sulla sua vita cala il sipario. Alle dieci e quarantacinque del giorno dopo, un assistente del padrone di casa che si reca a cercarla per riscuotere l'affitto trova il suo corpo fatto a pezzi aggrovigliato fra le lenzuola. Questa è (forse) l'ultima macabra impresa di Jack lo Squartatore. Da questo momento di lui non si hanno più notizie. Ma il mistero rimane. E soprattutto rimane una domanda alla quale fra le tante risposte date, ancora non si è trovata quella definitiva: chi è Jack lo Squartatore, il famigerato mostro di Whitechapel? Cerchiamo allora di capire.
Sir Melville Macnaghten, Chief Constable della Polizia Metropolitana di Londra, nel 1894 stila un memorandum, reso noto solo nel 1959, nel quale, a proposito dell'identità di Jack the Ripper vengono indicati tre nomi.
Il primo è quello di Montague John Druitt, avvocato, di famiglia benestante ma poco inserito nella società e uomo, nell'insieme, rancoroso e triste. Vittima di una madre psicopatica, odia le donne e, soprattutto, le prostitute. Anche la sua vita infelice finisce, però, tragicamente. Ai primi di dicembre del 1888, infatti, si suicida gettandosi nelle gelide acque del Tamigi. A supportare l'ipotesi che fosse lui il mostro rimane il fatto che con la sua morte scompare anche Jack lo Squartatore.
Il secondo nome inserito nel Memorandum Macnaghten è quello del polacco Aaron Kosminsky, uomo particolarmente violento, con gravi disturbi psichici e con spiccate tendenze omicide. Per la sua pericolosità nel 1889 viene rinchiuso in un manicomio, dove passerà il resto dei suoi giorni. L'unico elemento a sostegno della sua colpevolezza, rimane, però, la confusa testimonianza di un uomo che dice di averlo visto sul luogo di uno dei delitti la notte in cui è stato commesso
Il terzo nome è quello del russo Michael Ostrog, descritto da Macnaghten come un pazzo, maniaco omicida, e abitualmente violento con le donne. Probabilmente, però, nel momento in cui vengono commessi i delitti, Ostrog si trova già in galera. Questa ipotesi, quindi, non è attendibile.
Nel 1895 un giornale di Chicago pubblica un articolo dove si racconta che un medium, seguendo il suo istinto, avrebbe accompagnato un poliziotto all'abitazione del celebre dottor William Gull, medico di Corte, e lo avrebbe indicato come l'autore dei delitti. Nel 1970 il dottor Thomas Stowell, rispolverando questa storia, pubblica sulla rivista "The Criminologist" un articolo dove ritiene responsabile dei delitti di Whitechapel proprio il dottor William Gull, in combutta, forse, col Principe Alberto, figlio di Albert Edward, Principe di Galles e nipote della regina Vittoria. A sostegno di questa teoria riporta il fatto che Annie Crook, la donna che il principe aveva sposato in gran segreto perché donna del popolo e priva di titoli nobiliari, aveva avuto come testimone di nozze Mary Jane Kelly, quella che era stata l'ultima vittima del carnefice. Pare che Mary Kelly, dopo quel matrimonio, ricattasse il principe per estorcergli denaro, minacciandolo di rivelare ciò di cui era a conoscenza. Questo avrebbe decretato la sua fine per mano, appunto, del medico di corte, il dottor William Gull. Ma non è tutto qui. Sempre negli anni Settanta il dottor David Abrahamsen, esperto di assassini seriali, si spinge oltre e indica proprio il principe Alberto in persona come autore degli efferati omicidi, spinto dal suo tutore J. K. Stephen.


Dr. William Gull e Principe Alberto

J. K. Stephen è un personaggio ambiguo e violento. A Cambridge aderisce a "Gli Apostoli" una società quasi segreta, dove tutti i componenti hanno inclinazioni omosessuali e sentimenti misogini. Ma è anche uno studente brillante e per questo viene scelto dalla famiglia reale come tutore del principe Alberto, giovane molto attaccato alla madre, influenzabile e, pare, con un'intelligenza non particolarmente spiccata. Anche lui ha tendenze omosessuali. Fra i due, quindi, si stabilisce presto un rapporto quasi simbiotico. Ma è facile capire chi è a dirigere il gioco e ad assumere, fra di loro, un ruolo dominante. Nel 1886, poi, J. K. Stephen riporta un grave trauma cranico che compromette le sue facoltà mentali. Si acuisce, così, in lui l'odio e l'accanimento verso le donne, al punto che, secondo la teoria del dottor Abrahamsen, progetta addirittura di ucciderle. In questa follia perversa coinvolge anche il principe Alberto, ulteriormente indebolito dalla sifilide, e ormai totalmente incapace di opporsi alle sue volontà. I due, così, iniziano a pedinare le prostitute nei sordidi vicoli dell'East End e a massacrarle. Entrambi muoiono nel 1892 a poche settimane uno dall'altro.
Nel 1993 Stewart Evans, autore di numerosi studi su Jack the Ripper, attribuisce i delitti a un certo dottor Francis Tumblety, un ciarlatano di dubbia reputazione. Il sedicente dottore sarà stato certamente una persona equivoca, ma difficilmente poteva essere ritenuto il sadico omicida di Whitechapel.
Per Richard Kyle Fox, all'epoca dei delitti editor della National Police Gazette, lo Squartatore era, senza ombra di dubbio, Nicholas Vassili, un russo che aveva già commesso altri omicidi a Parigi. Ma ciò non è mai stato dimostrato.
Il dottor Alexander Pedachenko e Seweryn Klosowski, insieme al già citato Michael Ostrog, sono altri nomi di sospettati provenienti dall'Est. E a questo punto è opportuno citare un aneddoto curioso: William Le Queux, il famoso giornalista e scrittore anglo-francese, sosteneva di aver trovato in una casa di San Pietroburgo dove aveva abitato anche Rasputin, un manoscritto in cui il monaco pazzo aveva scritto di suo pugno, in francese, che Jack lo Squartatore era appunto il dottor Pedachenko. Ma con tutta probabilità questa vicenda era solo frutto della fervida fantasia dello scrittore.
Nel 1992 un certo Mike Barret si rivolge a una agenzia letteraria sostenendo di essere in possesso del diario di Jack the Ripper. Tale diario sarebbe stato compilato da colui che aveva commesso i feroci delitti di Whitechapel, un certo James Maybrick, un commerciante che avendo scoperto il tradimento della moglie, si sarebbe vendicato massacrando le prostitute. La cosa, però, appare da subito inverosimile e non viene presa in considerazione. Più verosimile appare invece la teoria che l'assassino sia stata una donna. Già all'epoca dei delitti, infatti, qualcuno sosteneva con forza che lo Squartatore fosse in realtà un'ostetrica. E questo perchè poteva apparire normale incontrare un'ostetrica di notte nei vicoli bui dell'East End con gli abiti sporchi di sangue. I bimbi nascono a tutte le ore e la sua presenza non avrebbe destato sospetti. Un'ostetrica, inoltre, conosce l'anatomia, soprattutto quella che riguarda l'apparato riproduttivo femminile. Tale ipotesi ha ripreso vigore nel giugno del 2006, quando un gruppo di ricercatori dell'Università di Brisbane dichiara di aver rilevato presenza di DNA femminile nelle tracce di saliva trovate su buste di lettere inviate dal maniaco omicida.
Nella caccia all'identità del mostro di Whitechapel si è cimentata anche Patricia Cornwell, la celebre scrittrice americana. E pure lei ha voluto esaminare il DNA presente nelle tracce di saliva rilevate su presunte lettere spedite da Jack lo Squartatore e, per questo, si è rivolta al Virginia Institute of Forensic Science and Medicine. Secondo la scrittrice l'autore dei delitti attribuiti al mostro è Walther Sickert, amico del principe Alberto, uno strambo pittore amante della vita notturna, ma ipocondriaco e terrorizzato dalle malattie. L'uomo, impazzito per una malformazione al pene, secondo la Cornwell, avrebbe scaricato la sua rabbia sulle prostitute che frequentavano gli stretti vicoli dell'East End. Ma la teoria della scrittrice non è mai stata dimostrata.

Qui è meglio fermarsi. Si è voluto ripercorrere, per sommi capi, le imprese folli e sanguinarie di Jack the Ripper, e citare alcune delle tante teorie che cercano, in modo più o meno credibile, di svelarne l'identità. Ma tutto è inevitabilmente lacunoso e incompleto. Il mistero, quindi, rimane. E sulle gesta di Jack lo Squartatore e sulla sua identità si continuerà a scrivere.