* A PROPOSITO DELLA "PALMINA" CHE NON FU! *

Il prof. Moriarty e il dott. Jekyll sanno che nelle minuzie risiedono le delizie dei collezionisti, perciò hanno riesumato la copertina del Sonno della morte di Ugo Redy restituendole i colori originari.
Da parte sua, Tiziano Agnelli ci ha trasmesso l’emozione dello scopritore di anomalie e bizzarrie tipografiche, non insolite nell’editoria di genere.
Siamo loro molto grati, e speriamo possa essere di qualche interesse l’aggiunta delle seguenti "curiosità", poco note, che riguardano uno dei maggiori giallisti italiani.


Fedele all’appuntamento estivo con i lettori, Il 9° Supergiallo uscì nel giugno 1941. Conteneva cinque romanzi inediti di autori diversi, fra i quali Ezio D’Errico, Segni particolari: nessuno, quattordicesimo della serie dedicata al commissario Richard.

Ricordiamo qui quest’ultimo romanzo per il tranello escogitato dall’assassino: la vittima muore dopo avere premuto il pulsante di un congegno elettrico che fa scattare la serratura di un cancello. Gli indizi sono il segno quasi impercettibile di una puntura sul polpastrello dell’indice della mano destra del morto, e, nel bottone del pulsante, un forellino, al centro, in cui era stata inserita una punta acuminata intrisa di curaro.
Fu così che l’ottimo signor Jean Bouvard, inquilino della pensione St. Cloud, trattamento familiare, rientrando alle cinque del mattino, azionò l’apertura automatica del cancello, secondo la consuetudine degli ospiti nottambuli, ma, appena giunto in camera, si sentì male e fu spacciato.
Forse D’Errico pensava al signor Bouvard e allo stratagemma che gli costò la vita (di cui non giurerei che sia stato proprio l’ideatore), mentre scriveva con Monicelli, Grassi e Gentilomo soggetto e sceneggiatura di Cortocircuito, diretto dallo stesso Gentilomo nel 1943. (La prima pellicola in cui il nome di D’Errico figurava fra gli sceneggiatori risaliva a tre anni prima, La forza bruta di Carlo L. Bragaglia, 1940).

Ebbene, fra il 1941 e il 1943 erano successe cose importanti. D’Errico, verso la fine di novembre 1941, aveva consegnato a Mondadori il suo ventesimo e ultimo romanzo poliziesco, La nota della lavandaia, che, per i ritardi dovuti alla guerra, avrebbe visto la luce solo nel 1947. E aveva preso la decisione, alla quale tenne fede, di non scrivere più romanzi gialli. Al giallo tuttavia ritornava, di tanto in tanto, con radiodrammi o sceneggiature cinematografiche. Fra queste, va segnalata la collaborazione con Ennio Flaiano per Terrore sulla città, regia di Anton Giulio Maiano (1956).

Come abbiamo visto nelle prime scene di Cortocircuito, il dottor Heker è colpito da morte fulminea nel suo studio, dopo avere schiacciato il pulsante del campanello per chiamare l’infermiera. Su quel pulsante viene infatti rinvenuto lo spillo avvelenato. L’assassino ha messo in pratica la trovata di un giallista immaginario, Ugo Redy, autore di un giallo immaginario, Il sonno della morte. Avrebbe potuto benissimo ispirarsi al modello fornito da Segni particolari: nessuno.
Nel film però, che è una commedia giallo-rosa, c’è una vena umoristica e parodistica, che, se caratterizza da sempre tanto giallo all’italiana, è del tutto assente nelle inchieste del commissario Richard.

Opportunamente Agnelli cita il caso di Alessandro De Stefani, per sottolineare come, negli anni Trenta e primi anni Quaranta, alcuni autori italiani che praticavano generi di intrattenimento si destreggiassero fra cinema, teatro e letteratura. D’Errico e De Stefani, coetanei, nutrivano l’un per l’altro reciproca stima, soprattutto come drammaturghi. Nel campo della narrativa, firmarono insieme, per il settimanale romano "Telesera", nel 1961, un romanzo epistolare, Bianca nostro amore, in cui due amici si confidano i rispettivi ricordi della donna da entrambi amata e scomparsa in circostanze misteriose. Una storia vagamente gialla, se vogliamo, o meglio la storia di un mistero senza soluzione, secondo una rilettura in chiave moderna del poliziesco classico.

Testo di Loris Rambelli