* LUCERTOLO, PRIMO INVESTIGATORE SERIALE DELLA LETTERATURA ITALIANA *

Jarro: chi lo conosce? A molti lettori d’oggi, se non a tutti, sarebbe lecito domandarlo.

Giulio Piccini (1848-1915), lo scrittore toscano meglio conosciuto con il soprannome di Jarro, venne quasi completamente dimenticato qualche decennio dopo la sua morte.
Tuttavia, Piccini ha rivestito un ruolo di primissimo piano nell’ambito del protogiallo italiano, dimostrando, in alcune sue opere, una precoce consapevolezza di genere.
Nella copiosa produzione di Jarro, vero e proprio poligrafo che si dedicò a studi eruditi, almanacchi gastronomici, appendici, recensioni teatrali e inchieste giornalistiche, spiccano quattro romanzi che rappresentano la primogenitura del poliziesco italiano, più precisamente:
"L’assassinio nel Vicolo della Luna", "Il processo Bartelloni" (pubblicati nel 1882 in appendice, nel 1883 in volume), "I ladri di cadaveri" (uscito in appendice nel 1883, in volume nel 1884) e "La figlia dell’aria" (pubblicato in appendice tra il 1883 e il 1884, in volume nel 1884).
Tra il dicembre 1882 e il febbraio 1884 Piccini pubblicò i romanzi anche nelle appendici dell’Italia, dell’Adriatico e del Corriere del Mattino (dati tratti da Repertorio del Romanzo d’Appendice in Italia dal 1859 al 1945 di Roberto Pirani).
Il suo maggior merito è aver introdotto per la prima volta, nella nostra letteratura, un poliziotto seriale: l’investigatore Lucertolo.
In un’analisi della nascita del genere poliziesco italiano, questi quattro romanzi costituiscono dunque una pietra miliare. Una lettura più approfondita conferma poi la conoscenza dei modelli stranieri da parte dell’autore e la sua volontà di declinarli nella cultura italiana: libro dopo libro, emerge come il poliziotto protagonista assuma e problematizzi i caratteri degli illustri padri del genere, da Vidocq (si veda Gazzetta n.19) a Sherlock Holmes, prefigurato nell’ultimo romanzo (si noti, infatti, che Lucertolo nasce cinque anni prima dell’eroe di Conan Doyle, considerando le pubblicazioni in appendice).
La figura di Lucertolo, il detective della serie, si trasforma di romanzo in romanzo, dando vita in ogni libro a un poliziotto diverso. Una prima spia di questa continua trasformazione è il suo cursus honorum nelle fila della polizia: da birro, figura vidocqiana a metà tra il delinquente e il difensore della giustizia ne "L'assassinio nel Vicolo della Luna", viene promosso carceriere prima e capo-agente poi in "Il Processo Bartelloni", mentre veste i panni del commissario irreprensibile (e quasi infallibile) ne "I ladri di cadaveri", finchè in "La figlia dell’aria", ormai in pensione, indaga insieme al figlio (de facto suo doppio), delegato della Questura di Milano e detective privato.
A ogni grado di questa ascesa corrisponde un notevole cambiamento di personalità e di modi e un metodo d’indagine sempre più attento ed aggiornato.

L’ASSASSINIO NEL VICOLO DELLA LUNA E IL PROCESSO BARTELLONI: IL "BIRRO DEL POPOLO"
Prima di studiare le diverse declinazioni del poliziotto, è interessante soffermarsi brevemente sulla sua "nascita", strettamente legata all’editore di Piccini, Emilio Treves.
Inizialmente, l’autore aveva proposto alla casa editoriale un lungo manoscritto, Il romanzo di una cantante, con il chiaro intento di richiamare il suo pubblico, fedele ai suoi feuilleton; Treves, tuttavia, decise di separare il testo in due volumi con titoli diversi, mettendo invece l’accento sui caratteri del nuovo genere imperante in Italia, il romanzo giudiziario: "L’assassinio nel Vicolo della Luna" e "Il processo Bartelloni". Questa moderna strategia di marketing, frutto di una logica che potrebbe già definirsi imprenditoriale, fu determinante per il successo commerciale ma soprattutto per l’introduzione della serialità nel poliziesco italiano. Separando il libro in due parti e pubblicandole a distanza di due sole settimane, l’editore creò un unico personaggio ricorrente per garantirsi l’assiduità da parte dei lettori. È assai probabile che sia stato proprio il successo immediato dei primi due volumi a spingere Piccini a sposare l’idea di Treves, dando alla luce l’anno seguente i due libri successivi; si configurò così un progetto unitario nel segno di Lucertolo. Il primo detective seriale della nostra storia letteraria è dunque nato da una moderna operazione editoriale.
I due romanzi sono ambientati nella Firenze granducale, dove è stato perpetrato un delitto (che si scopre poi essere, in realtà, solo un ferimento) di cui viene accusato un minorato innocente, Nello Bartelloni, attorno al cui processo ruota il secondo volume. Contro tutte le evidenze, un poliziotto di quartiere, o meglio un birro, si propone di scoprire la verità indagando tanto nei bassifondi e nelle bettole quanto nei palazzi e nei conventi.
Il protagonista è identificato solo attraverso il soprannome Lucertolo, probabilmente dovuto alla sua capacità di intrufolarsi in qualsiasi tipo di ambiente e soprattutto nel "ventre cittadino", di cui egli stesso è parte. Ne è specchio la sua abitazione, uno di quei caseggiati del Mercato Vecchio, così come il suo rapporto con i mercatini. Intrattenitore dalla parlantina svelta e faceta, il birro gode di grande fama tra il popolino, per una forza fisica "proverbiale" e per la predisposizione a bere vino a volontà.
Tutt’altro che galantuomo con le donne, il protagonista è anche pieno di superstizioni. Crede ai sogni, agli spiriti, alle apparizioni, ai morti resuscitati e a tutta la lugubre suppellettile, che anche oggi riempie le facili, estrose fantasie del popolo.
Per quanto riguarda il metodo d’indagine, Jarro dota Lucertolo dell’istinto da segugio, di rado fallibile, che possiedono tutti i grandi e accorti poliziotti, a cui somma sagacia e una certa "dose" di esperienza, utile ma non ancora sufficiente perché il birro possa gestire brillantemente un caso complesso come quello Bartelloni. Tali abilità richiamano il Lecoq di Gaboriau e sono essenziali nel metodo d’indagine vero e proprio, che consiste in una prima fase di osservazione e analisi del luogo del crimine e delle espressioni degli interrogati, punto di partenza per la seconda fase, il ragionamento deduttivo.
Nei primi due libri il poliziotto deve infatti ancora maturare la "sottigliezza" d’indagine necessaria. Si legga a tal proposito la descrizione che Lucertolo fa di sé a un avvocato:
– Perché io... veda, signor avvocato... io sento qui – e parlando si percuoteva la fronte con una mano - sento che ci è stoffa... sento che ci sono idee e che idee! ... Ma mi è sempre mancato qualche cosa... Una certa facoltà, che hanno gli uomini come lei, di poter far nascere un’idea da un’altra rapidamente, di collegarle, di vedere fra un’idea e l’altra certe relazioni sottili, che sfuggono a noi di cervello grossolano...- Quando io ascoltavo la sua difesa, mi dicevo: se io avessi l’acutezza, l’ingegno pronto di quest’uomo unito alle mie facoltà di esame e di osservazione!


Prime edizioni in volume.
A sinistra il frontespizio di "L’assassinio nel Vicolo della Luna".
A destra la copertina di "Il processo Bartelloni"
(dalla collezione di Delitto & Paura)

I LADRI DI CADAVERI: IL COMMISSARIO LUCERTOLO
La vicenda del terzo romanzo, il cui titolo è ormai indiscutibilmente "giallo", è assai cupa: un atroce duplice omicidio (il romanzo si apre con il ritrovamento di una mano femminile mozzata e di un corpo senza testa alla guida di una carrozza) sconvolge Firenze e mette in seria difficoltà la polizia granducale. Sarà sempre Lucertolo a scoprire la verità, indagando nei misteri di una famiglia altolocata e mettendo in dubbio l’innocenza dei suoi stessi colleghi. Il lettore, in un primo momento, non ritrova il birro Lucertolo, ma un commissario quasi infallibile.
Per quanto riguarda il metodo d’indagine, l’autore ha affinato il suo metodo investigativo a tal punto da renderlo quasi infallibile. A questo proposito, Jarro ha preso palesemente spunto da uno degli investigatori romanzeschi più celebri del tempo, Lecoq, aggiungendovi dei miglioramenti in modo che il commissario fiorentino superasse il poliziotto francese.
L’influenza di Gaboriau è tanto esplicita che è possibile individuare Il Signor Lecoq quale precisa fonte di Jarro per I ladri di cadaveri. Il metodo investigativo del detective è infatti letteralmente esemplato su quello che il poliziotto francese utilizza nel romanzo: si articola nelle medesime fasi, mostra espedienti e strategie investigative molto simili e presenta veri e propri calchi narrativi. Per mettere in evidenza le analogie e il "miglioramento" del modello si prenderà come esempio un solo aspetto, il confronto con il maestro.
In un momento critico delle indagini, in "I ladri di cadaveri" il commissario Arganti decide di confrontarsi con Bastiano detto il Frusone, un anziano poliziotto in pensione. Quest’ultimo si ispira chiaramente alla figura di Tabaret, che, come noto, aiuta più volte Lecoq nei romanzi a lui dedicati.


Prima edizione in volume di "I ladri di cadaveri"
(dalla collezione di Delitto & Paura)

LA FIGLIA DELL’ARIA: "VECCHIA E NUOVA" POLIZIA A CONFRONTO
Nel quarto romanzo Jarro cambia scenario: l’indagine – un ricatto che dovrebbe incastrare una celebre e bellissima trapezista – si snoda tra i tendoni del circo e i palazzi aristocratici della Milano postunitaria. Come accennato, altra novità è l’elemento generazionale: il caso è affidato al figlio di Lucertolo, che indaga a Milano aiutato dal padre ormai in pensione.
Il giovane protagonista, che condivide con il padre nome e soprannome e ricopre ufficialmente il ruolo di investigatore, a soli venticinque anni è cavaliere e delegato della Questura di Milano, una delle città più importanti del nuovo Regno d’Italia.
Sebbene Lucertolo figlio ricopra un grado elevato nella polizia milanese e frequenti il mondo borghese e aristocratico della città, proprio come il padre in "L’assassino nel Vicolo della Luna" si comporta in modo di solito burbero, è brusco con le donne negli interrogatori, tratta i sospettati in modo minaccioso, duro e aspro e riveste un ruolo subalterno, in quanto dipende dal questore.
A differenza del genitore, tuttavia, il delegato Arganti non può essere in alcun modo considerato "un artista", dal momento che non manifesta alcun coinvolgimento nell’indagine, per lui soltanto un mezzo per fare carriera e dimostrare le proprie capacità, almeno fino a quando avrà la possibilità di intraprendere un’altra professione ben remunerata – ovvero fino a quando il principe Crovelli lo assolderà come investigatore privato ante litteram. Su quest’ultimo ruolo, di importanza eccezionale, si stende l’ombra di Eugène François Vidocq, primo detective privato della storia e unico possibile modello dell’autore attraverso i Mèmoires.
Al contrario di quella del figlio, la figura di Lucertolo padre è ben delineata. Benché rare siano le sue comparse "attive" nel romanzo, è una presenza costante, sia nelle parole del narratore, che presenta spesso il delegato in funzione del padre, sia in quelle del figlio, che lo cita quasi sempre quale esempio illustre. Dopo il caso di "I ladri di cadaveri", il nostro eroe è infatti diventato una celebrità nella polizia, conosciuta a livello nazionale e addirittura europeo. Come ci rivela il figlio, Lucertolo padre è inoltre invecchiato, ha ormai più di sessant’anni e si è ritirato in pensione. La sua esperienza, già elemento vincente nei casi precedenti, è ora diventata insuperabile; è naturale perciò che il figlio chieda spesso consiglio al padre attraverso un frequente scambio epistolare – uno è rimasto a Firenze mentre l’altro lavora a Milano. Tale collaborazione "di penna" è assai significativa, poichè rivela come la grande intelligenza negli affari polizieschi di Lucertolo padre si sia affinata fino a trasformarlo, almeno in questi primi momenti dell’indagine, in un ragionatore logico-deduttivo superiore allo stesso Dupin: non ha nemmeno bisogno di recarsi sul luogo del crimine per trovare tracce o indizi.
Nonostante i suoi sessant’anni passati, è ancora dotato della sua leggendaria forza, una delle caratteristiche che danno unità alla figura del personaggio nell’intera "saga" e grande è la sua integrità morale, motivo per cui il figlio decide di non comunicargli che lavora come detective dietro compenso. Anche la concezione della polizia di Lucertolo è sempre la stessa; è infatti ancora mosso dall’ambizione e dalla rivalità, sebbene questa volta proiettate nel figlio.


Terza edizione in volume di "La figlia dell'aria"
(dalla collezione di Delitto & Paura)

Prima di concludere l’analisi, è necessaria un’ultima osservazione sui modelli. Sebbene non numerose come nei romanzi precedenti, in "La figlia dell’aria" sono presenti influenze di importanza notevole: con questo libro, entrano nel protogiallo italiano nuove tipologie apprese dalla letteratura straniera, a loro volta originalmente interpretate dall’autore. Si è già accennato a come Jarro abbia introdotto in Italia una propria personale interpretazione del detective privato, con grande probabilità mutuata dalla figura di Vidocq e dalle sue memorie. Tuttavia, è bene rimarcare che Lucertolo figlio presenta in modo sorprendentemente preciso alcuni dei caratteri canonici del detective privato moderno: il suo incarico prevede di procurarsi le prove irrefragabili della innocenza della ragazza e della reità di altre persone; possiede una sorta di studio dove riceve clienti, medita le proprie mosse e scrive al padre in attesa di consigli; su richiesta del cliente, ogni giorno fornisce un resoconto degli sviluppi dell’indagine in modalità quasi misteriose; ha infine un’aiutante molto meno intelligente in grado di agire da informatore in un contesto popolare (l’avvinazzata Teresa). Parimenti non si può ignorare un aspetto che, allo stato attuale degli studi, segna un altro primato di Jarro nella letteratura poliziesca italiana e non può che rimandare a "The Murders in the Rue Morgue". Lucertolo si trova a investigare, parallelamente al ricatto, su un delitto avvenuto nel passato, ovvero sull’omicidio di due sposi durante la loro prima notte di nozze in condizioni molto misteriose:
"...la festa era finita da circa mezz’ora; gli invitati erano tutti usciti; nella camera dove gli sposi si erano chiusi, non poteva essere entrato nessuno: né chi vi fosse entrato avrebbe potuto uscirne, poiché la finestra della camera, rispondente in un giardino era sbarrata da una grossa inferriata, che, come poteva riscontrarsi, nessuno avea toccata. Dunque?..."

Ci troviamo probabilmente davanti al primo delitto della camera chiusa del protogiallo italiano e certamente tra i primissimi esempi anche a livello mondiale, ancora prima di "The Adventure of the Speckled Band" di Doyle. A tale altezza cronologica, il modello di Jarro non può che essere Poe, seppur il mistero venga risolto attraverso la confessione del colpevole e non grazie a un procedimento logico deduttivo alla Dupin.

Testo estratto dalla tesi universitaria di Francesca Facchi.